Ancora una volta, le presidenziali argentine sono contraddistinte dalla frammentazione del partito peronista, protagonista indiscusso della storia democratica del Paese. Dal 1974, giorno della morte del presidente Juan Domingo Peron, il partito non ha più avuto un leader carismatico e, di fatto, si è sempre presentato alle elezioni con diverse sigle e bandiere.
“Ci sono tanti peronismi quanti sono i suoi elettori ma, volendo schematizzare, si può dire che il numero delle correnti è pari a quello dei suoi leader significativi”, spiega a Televideo Jorge Arias, direttore del progetto Idd-Lat (Indice di sviluppo democratico per l’America Latina) e della società di consulenza politica polilat.com. “Il peronismo, oggi, è un grande agglomerato politico con una storia comune, ma senza un programma unico e senza coesione ideologica. La scomparsa, nel 1974, del suo fondatore, il generale Perón, lasciò il movimento senza leader e il partito senza un’organizzazione. Ciò che colpisce è che il peronismo, malgrado le lotte intestine, è sempre riuscito a concentrare il potere, garantendo cicli di democrazia e governabilità. Peron diceva: ‘siamo come i gatti, sembra che litighiamo ma in realtà ci riproduciamo’. Il peronismo, insomma, modella e trasforma la politica argentina. La morte di Néstor Kirchner e la contemporanea fase di prosperità economica hanno cristallizzato il dibattito interno e consegnato un importante trionfo temporale all’ala sinistra del peronismo”.
- Dopo il “kirchnerismo” è arrivato il momento del “cristinismo”. In cosa si differenziano le due correnti?
“Il termine “cristinismo” nasce dal riconoscimento della leadership di Cristina nell’ambito del peronismo. Cristina è stata una protagonista del kirchnerismo, ancorché all’ombra del marito. Dopo la morte di Néstor e una breve fase di tentennamenti, la favorevole congiuntura economica e il successo dei programmi sociali governativi, Cristina è riuscita a imporsi nello spazio lasciato vuoto dalla scomparsa del marito. La sua leadership attira gli adepti di Néstor Kirchner, ma lascia aperta la possibilità di agglomerare peronisti dissidenti e a figure indipendenti, che contestavano la gestione dell’ex presidente. Il cristinismo, in altre parole, è una forma del kirchnerismo ampliata a nuovi settori”.
(R. F.)