Partiamo dall’inizio. Cos’è la pertosse?
Si tratta di una malattia infettiva, molto contagiosa, causata da un batterio, la Bordetella pertussis, che si localizza preferibilmente nelle cellule di rivestimento dell’apparato respiratorio ed esercita il proprio potere patogeno per mezzo di numerose sostanze, alcune delle quali possono essere considerate vere e proprie tossine (esempio: tossina pertossica o PT). La pertosse lascia un’immunità (protezione nei confronti di ulteriori attacchi della malattia) che declina lentamente nel corso del tempo. Persone che hanno avuto la pertosse da bambini possono, in età adulta o avanzata, andare incontro nuovamente alla malattia, anche se in forma più attenuata e/o atipica; inoltre, anche senza presentare alcun sintomo, possono trasmettere l’infezione ad altre persone suscettibili. Oggi, specie nei bambini piccoli, si può considerare una malattia rara, ma solo pochi anni fa, prima dell’introduzione dei vaccini, almeno quattro persone su cinque venivano infettate dal batterio prima dell'adolescenza.
Come si trasmette la malattia?
La trasmissione dell’infezione avviene da malato a sano attraverso le goccioline di saliva emesse con la tosse, gli starnuti o anche semplicemente parlando. Chi è affetto da pertosse è contagioso per gli altri dall’inizio del periodo catarrale fino a tre settimane dall’inizio della fase convulsiva, ovviamente in assenza di trattamento terapeutico. Questa la situazione in termini generali. Occorre comunque ricordare che la Bordetella circola nella popolazione italiana, ma mentre i bambini, fino all’età pre-scolare, sono immunizzati con coperture vaccinali adeguate (ovvero la percentuale di bambini vaccinati rispetto al totale dei bambini), il germe riesce invece a diffondersi tra gli adolescenti e gli adulti, che non sono più protetti nei confronti di questa infezione. La manifestazione clinica della pertosse negli adolescenti e negli adulti è peraltro atipica, diversa cioè da quella dei bambini piccoli e spesso non viene diagnosticata con precisione. Ecco perché in generale il problema è poco sentito. Invece, la persistenza dei casi di pertosse nei ragazzi e negli adulti, oltre a diminuire lo stato di salute delle popolazione, genera un ulteriore problema: aumenta considerevolmente sia il rischio dei bambini sotto l’anno di vita di contrarre la malattia dai loro cari (genitori, nonni ecc), sia le ospedalizzazioni.
Come si manifesta, allora, la pertosse?
La malattia esordisce solitamente con starnuti, raucedine e una fastidiosa tosse notturna. Successivamente, dopo 10-14 giorni, si manifesta una tosse convulsiva e ostinata che rende difficoltosa la respirazione e persino l'alimentazione. Questa fase può durare da 1-6 settimane. Gli accessi di tosse sono costituiti da 5-15 colpi violenti e ravvicinati che si verificano durante una singola espirazione. Solitamente si concludono con una rapida e profonda ispirazione: il tipico "urlo inspiratorio" e l’espulsione di un blocchetto di catarro molto denso e vischioso. Gli attacchi sono seguiti, a volte, da vomito. Nei lattanti si possono avere crisi di apnea. La convalescenza inizia in genere dopo 4 settimane: gli accessi di tosse diventano meno frequenti e gravi e le condizioni generali del bambino migliorano.
Perché oggi un’infezione che pareva dimenticata fa ancora paura?
La pertosse è una malattia particolarmente pericolosa nei bambini molto piccoli, al di sotto del primo anno di vita, in cui può essere responsabile di gravi complicazioni, spesso con conseguenze invalidanti permanenti. Un dato a questo proposito: la letalità della pertosse, che nell’Italia dei primi decenni del ‘900 era di circa il 10%, è attualmente dello 0,01%, ma può arrivare a 0,5-1% nei bambini al di sotto dell’anno di vita. La letalità dell’encefalopatia pertossica invece può arrivare al 30% e circa la metà dei sopravvissuti subisce danni neurologici permanenti. Per il resto, le complicazioni più frequenti sono le emorragie sottocongiuntivali e le epistassi (emorragie dal naso) causate direttamente dai colpi di tosse, le otiti medie purulente (solitamente per sovrapposizione di un’altra infezione batterica), le polmoniti e le broncopolmoniti (fino al 12% dei casi). Le complicazioni più gravi sono quelle a carico del sistema nervoso centrale (encefalopatia) e sono dovute sia alla scarsa ossigenazione del sangue durante gli accessi di tosse, sia all’azione diretta della tossina pertossica e si manifestano in circa il 5% dei casi. La letalità delle pertosse non complicata nei Paesi industrializzati è in generale molto bassa, ma continua ad essere elevata nei Paesi in via di sviluppo.
Perché gli esperti richiamano l’attenzione alla vaccinazione?
In questi anni ci siamo resi conto che l’epidemiologia dell’infezione in Italia è cambiata. Per questo sono necessari interventi di sanità pubblica che rispondano alle nuove evidenze, a partire da una forte campagna per i richiami. Vacciniamo benissimo nel ciclo di base, costituito da tre dosi, da praticare entro il primo anno di vita del bambino (al terzo, quinto e dodicesimo mese) contemporaneamente alle altre vaccinazioni infantili. Va bene anche il successivo appuntamento dei 5 anni, a cui si associano le componenti contro la difterite e il tetano. Sugli adolescenti c’è invece un grosso gap. A questo punto occorre ricordare che la protezione data dalla vaccinazione antipertossica è di circa l'85%. Poichè la protezione immunitaria conferita sia dalla malattia che dalla vaccinazione si riduce con il passare del tempo, è importante eseguire i richiami previsti, evitando il rischio di trasmissioni involontarie e potenzialmente letali ai neonati. Questo rischio può crescere ancor di più nelle famiglie in cui ci sono molti adulti che entrano in contatto con i neonati. Per questo stiamo portando avanti e promuovendo nelle ASL un progetto che punta a vaccinare gli adulti più prossimi al neonato, in primis i genitori in modo da ridurre significativamente il rischio che qualcuno, inconsapevole di essere affetto da Bordetella, possa infettare il piccolo.
Quando bisogna vaccinarsi?
Il vaccino contro la pertosse è solitamente combinato con il vaccino antitetanico e antidifterico (DTaP pediatrico) al quale si accomuna per modo e calendario di somministrazione e contiene solo alcune componenti del batterio (per questo si chiama acellulare). Per l'immunizzazione dei nuovi nati, di solito oggi viene utilizzato il vaccino esavalente che oltre a proteggere contro la pertosse previene anche il tetano, la difterite, la poliomielite, l’epatite virale B, e le infezioni invasive da haemophilus influenzale di tipo B. Il ciclo di base è costituito da tre dosi di vaccino, da praticare entro il primo anno di vita del bambino (al terzo, quinto e dodicesimo mese) contemporaneamente alle altre vaccinazioni infantili. Una dose di richiamo (associata con le componenti contro la difterite e il tetano) viene eseguita nel sesto anno e un’altra a 14 anni. Ma ciò che molti dimenticano è che, così come avviene per difterite e tetano, si raccomanda una dose di richiamo di vaccino antipertosse ogni 10 anni con un dosaggio antigenico ridotto.
La vaccinazione da effetti collaterali particolari?
Circa la metà dei bambini che ricevono vaccini esavalenti, così come il vaccino triplo DTaP (Difterite, Tetano Pertosse acellulare) o le altre combinazioni di vaccino contro la pertosse, non ha nessuna reazione. La maggior parte degli altri bambini presenta solo reazioni lievi. L’evento più frequente è la febbre che si può avere in circa un terzo dei bambini. Reazioni locali si verificano nel 20% dei casi. Queste comprendono dolore, rossore e gonfiore nel punto dove è stata eseguita l’iniezione; si verificano in genere entro 48 ore dalla vaccinazione e durano fino a un paio di giorni. Le reazioni locali aumentano con il numero di dosi eseguite. Circa il 40% dei bambini ha gonfiore o dolenzia al braccio con la quarta dose di DtaP eseguita a 5-6 anni. Alcuni bambini possono sviluppare un esteso gonfiore temporaneo dell’arto dove l'iniezione è stata eseguita, ma in genere il fenomeno si risolve in pochi giorni. Nel caso che i sintomi si protraggano per più di due giorni è opportuno consultare il medico per verificare se questi rappresentino un comune effetto collaterale ad una vaccinazione o se invece si riferiscano ad un'altra malattia che deve essere riconosciuta e trattata. In rari casi (1-2 ogni 10.000) si possono avere reazioni più importanti, come convulsioni correlate alla febbre alta. Reazioni allergiche di tipo anafilattico, difficoltà del respiro, pressione bassa e shock, sono del tutto eccezionali (meno di 1 caso ogni milione di vaccinati).