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La vaccinazione anti-HPV. Protezione al femminile

Colloquio con il prof. Giovanni Gabutti, Ordinario di Igiene all’Università di Ferrara

Quale deve essere oggi l’approccio in termini di sanità pubblica per ridurre il rischio di tumore della cervice uterina, legato all’infezione da ceppi di papilloma virus umano oncogeni?
Le armi a nostra disposizione sono due: la vaccinazione preventiva nei confronti del papilloma virus, ed in particolare dei ceppi che inducono le trasformazioni cellulari alla base del tumore, e l’applicazione ancor più diffusa dello screening basato attualmente sul Pap-test. Il Pap-test è consigliato in Italia a partire dai 25 anni di età, perché prima non ha significato e potrebbe portare solamente ad un eccesso di diagnosi e trattamenti. Il tumore impiega mediamente almeno dieci anni per svilupparsi: se consideriamo che il picco di incidenza dell’infezione da papilloma virus umano (HPV) è massimo tra i 18 e i 24 anni e che in almeno otto casi su dieci il contatto con il virus non lascia traccia, anticipare l’epoca di questo esame non avrebbe significato. L’importante è che poi il controllo venga effettuato regolarmente ogni tre anni. Il problema attuale è far sì che tutte le donne eseguano il Pap-test: l’integrazione tra lo screening e l’applicazione su larga scala della vaccinazione appare lo strumento ideale nella lotta al tumore. Sul fronte della vaccinazione è fondamentale che si raggiungano valori di copertura con il vaccino del 95 per cento della popolazione nelle coorti vaccinate, mentre oggi siamo solo intorno al 60 per cento. In questo modo troveremo una popolazione di donne che, grazie alla vaccinazione e allo screening, potrebbe risultare estremamente protetta contro questo tumore. Nel futuro, forse, proprio per arrivare al massimo dell’integrazione tra questi due strumenti, si potrebbe anche pensare di proporre la vaccinazione a 25 anni, quando si inizia con i Pap-test.al fine di promuovere una prevenzione sempre più efficace!

Veniamo al vaccino. Perché oggi è uno strumento di prevenzione importante?
Le cifre dicono che il Pap test non viene fatto regolarmente da tutta la popolazione, tanto che ancora oggi abbiamo più di 3000 nuovi casi di carcinoma cervicale diagnosticati ogni anno in Italia, e oltre 1000 morti. Per questo la vaccinazione diventa uno strumento di sanità pubblica fondamentale. La vaccinazione è offerta gratuitamente e attivamente a tutte le ragazze nel dodicesimo anno di vita, prima dell’inizio dell’attività sessuale, perché in tali condizioni il vaccino esplica la sua massima potenzialità preventiva. In ogni caso, pur non potendo essere offerta gratuitamente, la vaccinazione è indicata come prevenzione individuale anche per le donne di età più avanzata, dal momento che molto raramente esse sono state infettate da tutti i tipi di HPV presenti nel vaccino. Non vaccinarsi a 12 anni significa perdere un’opportunità di limitare sostanzialmente il rischio di un tumore in età adulta, perché il vaccino è andato addirittura oltre le previsioni per quanto riguarda il suo potenziale preventivo. I due ceppi altamente oncogeni presenti in entrambi i vaccini, 16 e 18, sono responsabili di circa il 70 per cento dei cancri della cervice uterina. Misurando la riduzione nelle donne vaccinate delle lesioni pre-cancerose, tappa obbligata verso il cancro, ci si è resi conto che esse sono di più di quanto ci si potrebbe attendere se i vaccini prevenissero solo le lesioni da HPV 16 e 18. Vuol dire che i vaccini proteggono anche contro altri tipi di HPV “imparentati” con 16 e 18, portando la percentuale dei cancri cervicali prevenuti presumibilmente oltre l’80 per cento, sia pure con diversa capacità di protezione nei confronti di diversi tipi di HPV simili a 16 o a 18”.

Perché è opportuno vaccinarsi a 12 anni?
Esistono due ragioni. Innanzitutto il beneficio è massimo prima dell’inizio dell’attività sessuale, e quindi prima dell’esposizione al virus. Si ritiene, infatti, che l'infezione da HPV si acquisisca subito dopo l’inizio dei rapporti sessuali nel 75 per cento circa delle donne, e che nella maggior parte dei casi (80 per cento) fortunatamente guarisca spontaneamente (nel giro di 12-18 mesi). Inoltre il vaccino appare altamente immunogeno in questa fascia d’età. Il 99 per cento delle giovani tra 9 e 15 anni ha infatti prodotto in seguito a vaccinazione una quantità di anticorpi circa cento volte maggiore rispetto all’infezione naturale. Va anche ricordato che rispetto alle donne adulte negli adolescenti è stata osservata una più elevata risposta in termini di produzione di anticorpi.

La vaccinazione comporta dei rischi?
I vaccini non contengono materiale genetico (DNA) virale, quindi sono privi di ogni capacità infettante ed oncogenica e pertanto sicuri. Minimi sono gli effetti collaterali osservati: reazioni locali nel punto di inoculo (arrossamento, dolore e gonfiore) e febbre. Nella sorveglianza successiva alla disponibilità sul mercato dei vaccini sono state raramente segnalate anche reazioni di possibile natura allergica (broncospasmo, orticaria) e dei casi di svenimento (sincope) dopo la vaccinazione. Per questo, è consigliabile mantenere una osservazione di 15 minuti dopo la somministrazione.

Quali sono le novità scientifiche in questo settore?
Recentemente due studi condotti in Italia hanno confermato ulteriormente due importanti dati: la vaccinazione è dedicata alle donne e vaccinarsi fa bene anche dopo i primi rapporti sessuali. I due studi, basati su modelli matematici, hanno provato a valutare e quantificare, sia in termini di vite salvate, sia di risparmio economico, le diverse possibili opzioni della strategia vaccinale . La prima ricerca, firmata tra gli altri da Paolo Bonanni e da, si è basata su un modello farmaco-economico ed ha valutato i potenziali casi di carcinoma al collo dell’utero evitabili vaccinando solo le ragazze di 12,15 e 25 anni, oppure anche i ragazzi di 12 anni. Sono stati assunti come dati acquisiti l’efficacia del vaccino bivalente, evidenziata negli studi sperimentale, sia verso i tipi oncogeni per cui è mirato (HPV16 e 18), sia verso altri oncogeni, gli HPV 31/33/35/39/45/51/52/56/58/59, grazie alla capacità di protezione crociata dimostrata dal vaccino nello studio internazionale PATRICIA*. Siamo inoltre partiti dal presupposto che la protezione duri per sempre e che il massimo beneficio correlato alla vaccinazione dei ragazzi sia sovrapponibile, in termini di tumori evitati, a quello risultante dalla vaccinazione di tutte le ragazze della stessa età attualmente non vaccinate. In ogni coorte sono stati “virtualmente” inseriti 280.000 soggetti. I risultati? Con un budget fisso a disposizione e una copertura vaccinale del 70%, vaccinare le ragazze di 12, 15, 25 anni o i ragazzi di 12 anni previene rispettivamente 937, 884, 647 e 401 tumori al collo dell’utero. La vaccinazione dei ragazzi darebbe dunque un valore aggiunto solo se la copertura delle ragazze di 12 anni fosse bassa e se i ragazzi vaccinati avessero numerose partner, così da ottenere un effetto indiretto del vaccino. In conclusione, avendo a disposizione risorse limitate, la riduzione massima dei carcinomi si ottiene estendendo la vaccinazione ad un sempre maggior numero di ragazze.

L’altra ricerca, invece, cosa ha dimostrato?
Il secondo studio, coordinato sempre dal professor Bonanni e da me, ha valutato l’impatto della vaccinazione nelle donne di 25 anni. Prendendo come numero di riferimento una coorte di 330.000 donne 25enni, la vaccinazione con il vaccino bivalente, rispetto al solo Pap-test, è in grado di ridurre di 696 unità i casi di cancro e di 316 i decessi. Di questi, rispettivamente 131 casi e 59 morti in meno sono attribuibili alla protezione crociata indotta dal vaccino. Per giungere a questa conclusione abbiamo condotto uno studio di costo efficacia che applica al contesto italiano un modello matematico di Markov. Il modello riproduce di fatto la storia naturale dell’infezione, valutando al contempo l’effetto dello screening e della vaccinazione. Nell’analisi di efficacia del vaccino bivalente viene compresa non solo la protezione contro i ceppi 16 e 18, ma anche la cosiddetta cross protezione contro i tipi di HPV ricordati. La valutazione è stata fatta differentemente nelle ragazze naive e nelle donne che sono già state esposte al virus.

Come leggere questi dati?
Sono risultati di grande interesse perché la valutazione ha preso in esame la popolazione femminile italiana, consentendo di fare una “fotografia” della vaccinazione anti-HPV in Italia, fornendo una valutazione di economia sanitaria che dimostra l’ottimale rapporto costo-efficacia del vaccino bivalente nelle donne di questa fascia d’età. Il vantaggio, in termini di mortalità e di casi di tumore, rispetto alla semplice esecuzione dello screening, appare certamente legato anche alla protezione crociata offerta dal vaccino. Lo studio conferma ancora una volta che l’esecuzione regolare del Pap-test e la vaccinazione sono oggi le strategie più efficaci per prevenire e riconoscere precocemente il tumore della cervice uterina.

I risultati dello studio “Patricia”
Lo studio “Patricia”, pubblicato lo scorso anno su Lancet, ha coinvolto 18.644 donne. L’analisi dei risultati ha confermato che il vaccino bivalente è altamente efficace nel proteggere dai due più comuni ceppi di HPV che causano questa forma tumorale, il 16 e il 18, e offre una protezione crociata anche nei confronti dei tipi 31, 33 e 45 di HPV. Nelle donne che hanno aderito completamente al protocollo (87 per cento del campione totale) il vaccino offre il 92,9 per cento di protezione nei confronti delle lesioni precancerose cervicali (neoplasia cervicale intraepiteliale 3 o CIN 3 ) indipendentemente dal ceppo oncogeno considerato . Un'ulteriore analisi della stessa coorte che esclude lesioni non attribuibili a virus HPV 16 e 18 rivela che il vaccino risulta efficace nel 98,1 per cento delle lesioni cervicali pre-cancerose (CIN 2+) causate da questi due tipi virali. Il trial ha inoltre evidenziato - per la prima volta nei vaccini preventivi contro il cervicocarcinoma - che il bivalente offre una significativa protezione crociata nei confronti delle lesioni precancerose che non contengono virus HPV 16 e 18. Questa efficacia aggiuntiva si può tradurre approssimativamente in un 11-16 per cento di "extraprotezione" contro il tumore della cervice uterina, in aggiunta alla protezione già fornita grazie all'efficacia nei confronti dei soli ceppi HPV 16 e 18. Questo ulteriore effetto è prevalentemente dovuto alla protezione nei confronti dei tipi 31, 33 e 45.

(M. R.)