Un attacco pianificato con cura


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Ecco chi ha devastato Roma

Il criminologo: non chiamateli Black Bloc roma_disordini_296

''Non chiamateli black bloc. La devastazione di Roma è stata pianificata con cura da gruppi di anarcoinsurrezionalisti''. Giulio Vasaturo, criminologo della ''Sapienza'' Università di Roma, da anni impegnato nell'analisi dei documenti politici e delle dinamiche organizzative dei gruppi dell'area antagonista, ha tracciato il profilo criminologico dei responsabili delle devastazioni causate a Roma.

''Si tratta - spiega Vasaturo - di gruppi di giovanissimi afferenti alla variegata galassia dei movimenti anarcoinsurrezionalisti, attivi da tempo in varie aree del nostro Paese ma con solidi collegamenti internazionali. E' improprio definirli con l'espressione generalizzante di 'black bloc' con cui, più correttamente, va identificata una frangia interna di questo ampio network della violenza politica. Per questi gruppi la manifestazione di piazza non è altro che l'occasione di cui servirsi per amplificare la portata dello scontro con gli apparati istituzionali, economici e anche religiosi che costituiscono il perno del sistema sociale e culturale che loro avversano''.

''Le cellule meglio preparate 'militarmente' di questi gruppi guidano l'azione nei diversi contesti urbani, secondo piani operativi di guerriglia metropolitana che prevedono l'attacco combinato in punti diversificati della città, anche con semplici azioni dimostrative e manovre di disorientamento, e la ripetizione dello schema di intervento assembramento-provocazione-azione-scontro-dispersione. Si servono generalmente di mezzi offensivi ricavati lungo il percorso, per cui il loro vandalismo indiscriminato è solitamente funzionale alla realizzazione di un più vasto e preordinato piano di attacco. Obiettivo privilegiato delle loro azioni sono, anzitutto, i rappresentanti delle forze dell'ordine ed i simboli del ''potere'' politico, finanziario ed ecclesiale (sedi istituzionali, banche, agenzie di lavoro interinale, luoghi di culto ecc.)''.

''Dal punto di vista politico - aggiunge Vasaturo - questi gruppi tendono ad esaltare nichilisticamente il momento di scontro aperto con lo Stato e con gli emblemi del modello capitalistico, il caos in se' ed il disordine metropolitano che viene provocato dalle loro devastazioni. Non sono e non si ritengono le ''avanguardie'' di un movimento rivoluzionario. Hanno ben poco a che vedere, in tal senso, con i militanti della sinistra extraparlamentare che agitavano le piazze nelle manifestazioni degli anni '70''.

''Il culto dell'azione violenta fine a se stessa, quale momento di un conflitto ininterrotto con le istituzioni 'borghesi', avvicina, in forza di un paradosso che è tale solo apparentemente, le posizioni ideologiche di questi gruppi alle dinamiche sottoculturali delle componenti dell'estrema destra neofascista degli ‘anni di piombo’ (Nar, Terza Posizione, Ordine Nuovo). La carica di violenza delle loro azioni si alimenta, in un processo ricorsivo facilmente descrivibile in termini di psicologia delle folle, dell'aggressività e della capacità di reazione delle forze dell'ordine che ieri, al di là di ogni critica, hanno saputo evitare ulteriori degenerazioni degli scontri''.

''E' assai significativo che, diversamente da quanto si propongono le fasce più radicali del fronte antagonista di ispirazione marxista-leninista - prosegue Vasaturo -, queste frange di anarcoinsurrezionalisti non fanno proselitismo, non cercano masse di neosottoproletari a cui rivolgersi, non rivendicano con proclami politici le loro scorribande, non cercano giustificazioni ideologiche ai propri atti criminali''.

''Ricorrono con grande padronanza alla rete internet principalmente per organizzare, sotto il profilo logistico-operativo, le singole iniziative o, talvolta, per riproporre alcuni slogan stereotipati o qualunquistiche invettive 'antisistema'. Mostrano di avere una certa propensione all'approfondimento delle questioni politiche e sociali in una prospettiva internazionalistica. Quasi mai, tuttavia, si servono della rete per diffondere una loro rigorosa piattaforma, per quanto sovversiva, di idee e di proposte politiche.

E' solo per un'esigenza strumentale che si pongono, dunque, al fianco di quella maggioranza di cittadini che legittimamente esprimono il proprio dissenso nei confronti delle c.d. grandi opere (linea ad alta velocità in Val di Susa, insediamenti di discariche, ampliamento della base Dal Molin a Vicenza ecc.) o, com'è successo a Roma, a sostegno di un nuovo modello globale di sviluppo economico-sociale'', conclude il criminologo.