Sono quattro milioni le italiane colpite da malattie a trasmissione sessuale (Ist) come le infezioni da Clamidia, Trichomonas e altri germi. Più colpite le trentenni, single e con una vita sessuale intensa, in cui si avvicendano almeno un paio di partner nel giro di sei mesi. Inconsapevoli di essere ad alto rischio se praticano sesso non protetto, sono loro le vittime preferite delle malattie sessuali e spesso per questo perdono la possibilità di avere figli: i problemi di fertilità sono venti volte più probabili in chi ha avuto una malattia sessuale non riconosciuta o non trattata adeguatamente. Lo rivelano i dati raccolti da due Reti sentinella coordinate dall'Istituto Superiore di Sanità, presentati in occasione del X Congresso Nazionale della Società di Malattie Infettive e Tropicali, all'Arsenale Porto della Maddalena.
Le due Reti di sorveglianza sono entrambe coordinate dall'ISS: si tratta di una rete di 12 Centri clinici pubblici specializzati nella diagnosi e cura di queste patologie e di un network di 13 laboratori pubblici di microbiologia, distribuiti sull'intero territorio nazionale. “In alcuni Paesi europei, quali Inghilterra, Francia e Germania, negli ultimi anni si è assistito a un incremento della diffusione delle infezioni sessualmente trasmesse nella popolazione femminile – spiega Barbara Suligoi, direttore del Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile dei due sistemi di sorveglianza -. Abbiamo perciò voluto analizzare tutti i dati a disposizione in Italia per verificare se la situazione nel nostro Paese fosse analoga, in modo da capire se vi sia necessità di pianificare interventi di sanità pubblica o di prevenzione nelle donne. I Centri clinici hanno fornito i dati su circa 23.000 donne con infezioni sessualmente trasmesse, trattate negli anni dal 1991 al 2008; i laboratori di microbiologia hanno consentito di esaminare i dati di circa 36.000 campioni raccolti da donne dal 2009 al 2011. Analizzando questa enorme mole di informazioni siamo stati in grado di tracciare l'andamento delle infezioni sessualmente trasmesse nelle donne italiane durante l'arco degli ultimi vent'anni”. I risultati indicano che un terzo delle pazienti ha un'età media di trent'anni; il numero annuo di nuovi casi di donne con infezioni sessualmente trasmesse è rimasto stabile dal 1991, ma è nel frattempo cambiata la tipologia delle malattie contratte dalle donne. Nel 38 per cento dei casi si tratta di infezioni aspecifiche e vaginosi batteriche: a partire dal 1999 però la frequenza di queste patologie è in costante diminuzione, mentre sono in aumento dal 2004 le diagnosi di condilomi (più noti come ‘creste di gallo’), che riguardano un terzo dei casi, e le infezioni da Clamidia o l'Herpes genitale, che colpiscono ciascuno il 6 per cento delle pazienti.
Sterilità delle trentenni più probabile con le malattie sessuali
“Le cerviciti da Clamidia, la sifilide e la gonorrea sono cresciute durante i primi anni del duemila, ora si sono stabilizzate – commenta Suligoi – Questo aumento, che è stato particolarmente evidente per la clamidia, è in parte dovuto alle migliori tecniche diagnostiche che sono divenute progressivamente più accurate, e in parte ad una diminuita percezione del rischio di infettarsi con i contatti sessuali. La maggior parte della popolazione italiana pensa che la sifilide sia ormai una malattia storica e che gli anni bui dell’Aids siano un lontano ricordo. Invece i dati dimostrano che queste malattie si stanno diffondendo sempre di più, come dimostrato dal numero crescente di coppie che si rivolge alla procreazione medica assistita come conseguenza di una vecchia infezione sessualmente trasmessa trascurata o non trattata: infatti le malattie sessuali aumentano di 20 volte la probabilità di sterilità nelle trentenni”.
Anche i dati arrivati dai laboratori di microbiologia confermano questa tendenza, sottolineando inoltre che Trichomonas è tre volte più frequente nelle donne straniere e Clamidia è quattro volte più comune nelle ragazze con meno di 25 anni rispetto alle donne più adulte. La probabilità di contrarre questa malattia si impenna all'aumentare del numero di partner sessuali: il rischio è quasi sette volte superiore nelle donne che dichiarano di aver avuto negli ultimi sei mesi due o più partner. La rete di laboratori è riuscita inoltre a identificare un 40 per cento di donne contagiate da Clamidia che non riferiva alcun sintomo e quindi avrebbe rischiato di non accorgersi dell'infezione, rischiando gravi complicanze, fino alla sterilità, e contribuendo a diffonderla ulteriormente”.
Il pericolo delle scarsa consapevolezza delle malattie sessuali
Il 65 per cento delle donne che hanno avuto una diagnosi di infezione a trasmissione sessuale si è sottoposto anche al test per l'Hiv: il 5 per cento è risultato positivo, ma in un caso su tre la donna ha scoperto di essere sieropositiva in questo frangente, senza averlo mai sospettato in precedenza. Un dato che indica come sia ancora scarsa la consapevolezza delle donne nei confronti di tutte le malattie a trasmissione sessuale, e dell'Hiv in particolare. “I dati degli ultimi anni confermano che l'Hiv è sempre meno una patologia di omosessuali e tossicodipendenti e sempre più un problema che riguarda tutta la popolazione, in particolar modo le donne – spiega Anna Orani, già direttore Struttura complessa Malattie Infettive dell’ospedale di Lecco -. Un terzo dei contagiati da Hiv è composto da eterosessuali e ogni anno la quota cresce ulteriormente. Il numero di donne e uomini infettati è più o meno simile, ma le donne hanno un rischio biologico maggiore che le rende più fragili di fronte al virus. Con un rapporto sessuale a rischio, infatti, la probabilità che la donna diventi sieropositiva è otto volte maggiore rispetto a quella del partner maschile. Considerando che l'età del primo rapporto sessuale ha continuato a ridursi e per le ragazzine è ormai al di sotto dei 14 anni, la probabilità di rimanere prima o poi contagiate sta pian piano crescendo e impone la necessità di una seria campagna di informazione e sensibilizzazione circa le corrette abitudini sessuali, fra cui soprattutto la riduzione del numero dei partner sessuali, specialmente se occasionali. Per riconoscere e poter curare efficacemente le infezioni trasmesse per via sessuale, inoltre, potrebbero essere opportune anche campagne di screening rivolte alle popolazioni più colpite, ad esempio test per la clamidia offerti alle ragazze con meno di trent'anni”. (M.R.)