Lippi, da allievo a rivale di Botticelli

Alle Scuderie del Quirinale fino al 15 gennaio

di Federica Marino

Anticonformista per nascita – era figlio di un frate e di una suora – Filippino Lippi sembra trasporre nelle proprie istituzionalissime opere la libertà di pensiero conosciuta fin da bambino e attraversa il Rinascimento elaborando uno stile individuale e originale.

Una importante mostra alle Scuderie del Quirinale ne segue la vicenda, inscrivendo l’artista pratese nel suo contesto storico e culturale: dalle radici tradizionali ai rami più fecondi e da qui il volo verso le nuove tendenze manieristiche di fine carriera.

Repubblica di Firenze, seconda metà del Quattrocento: la città del giglio è un laboratorio creativo supportato dalle solide finanze medicee, dopo che Cosimo ha ottenuto la signoria della città, passata poi brevemente al figlio Piero e in seguito a Lorenzo il Magnifico.

Filippo Lippi è tra i primi illustratori del nuovo corso, anche se non ha mai avuto rapporti di esclusiva con la città - e infatti muore a Spoleto nel 1469, mentre sta affrescando il duomo appena costruito. Il dodicenne Filippino è con lui come apprendista e ne disegna il busto funebre; quando rientra a Firenze va a bottega dal Botticelli, che del padre era stato allievo. A segnalare il forte legame del giovane con il pittore, l’attribuzione a un misterioso “Amico di Sandro” di opere poi rivelatesi di Filippino: l’influenza del maestro-”amico Sandro” si sente tutta: è nei volti delle Vergini che assomigliano a Veneri, negli sguardi dal chiarore trasognato e nei boccoli degli angeli.

Con Botticelli Filippino è anche a Roma e forse partecipa, nel 1481-1482, ai lavori della Cappella Sistina commissionati al maestro. Certo è che riporta a Firenze il gusto per le architetture classiche e le grottesche spesso poi viste nelle sue opere.

Campagne che sembrano anticipare Leonardo, rovine che incombono minacciose sui personaggi in primo piano, interni quasi fiamminghi e scene d’insieme in cui ogni viso è un ritratto, drappeggi che avvolgono corpi tanto belli da sublimarsi e che i tessuti quasi palpabili ancorano saldamente a terra: figlio d’arte e allievo di gran maestro, Filippino si smarca in fretta delle influenze di altri, tanto che nell’ultimo ventennio del Quattrocento viene spesso preferito dai committenti al Botticelli, quest’ultimo in un momento di involuzione stilistica e di pensiero dopo la fioritura mitologica e venata di neoplatonismo della Venere e anche di alcune opere religiose.

Nella produzione artistica “varia, molteplice e multiforme” resa possibile dai Medici, la pennellata di Filippino è inconfondibile e crea un universo dai tratti realistici eppure inquietante e onirico. Negli ultimi anni il mondo raffigurato nelle sue tele è sempre più strutturato e quasi geometrico e i personaggi sembrano slanciarsi fuori dal corpo, che si deforma e allunga in una anticipazione dil Manierismo.

Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400
Roma, Scuderie del Quirinale, fino al 15 gennaio 2012.