Quel motivetto jazz che risuona nella testa davanti all'immagine di un trombettista con le guance gonfie, intento a soffiare nel suo strumento. Il successo universale dei film di Charlie Chaplin e del cinema muto. Dietro questi fenomeni c'e' un unica spiegazione: siamo in grado di sentire con gli occhi. Vedere immagini normalmente associate a un suono attiva la corteccia uditiva temporale superiore in tempi record: un decimo di secondo. La scoperta e' di un gruppo di ricercatori dell'universita' di Milano-Bicocca e del Cnr, e spiega tra l'altro perche' la vista del labiale favorisce la comprensione del linguaggio.
La corteccia uditiva, spiegano gli scienziati, si attiva anche con la vista. "Vedere fotografie associate a un suono attiva in soli 110 millisecondi il giro temporale superiore (BA38), cioe' la regione del cervello associata alla percezione uditiva e implicata anche nelle allucinazioni uditive. Un meccanismo che non si attiva invece se l'immagine e' priva di riferimenti sonori. Ecco il segreto dei cineasti dell'epoca del muto: gia' decenni fa avevano capito che esiste una stretta associazione delle informazioni visive con quelle uditive a cui sono piu' frequentemente abbinate, e la sfruttavano per i loro film.
Oggi i ricercatori guidati da Alice Mado Proverbio, docente di Psicobiologia dell'universita' di Milano-Bicocca, in collaborazione con Alberto Zani dell'Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Ibfm-Cnr), si mettono sui loro passi. Lo studio e' pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature. "Questo meccanismo - spiega Proverbio - si basa sui neuroni specchio audiovisivi e consente al nostro cervello, per esempio, di ricavare l'immagine di un gatto ascoltando il suo miagolio o la voce di una persona guardando una sua foto".
I neuroni audiovisivi, prosegue la scienziata, "sono responsabili anche di fenomeni quali le allucinazioni uditive, se sollecitati da stati emotivi particolari come la paura. Basti pensare a quando, condizionati dal buio, crediamo di avvertire rumori che temiamo - scricchiolii, rumore di passi - nonostante il perfetto silenzio".
Per l'esperimento sono stati reclutati 15 studenti universitari, maschi e femmine, senza alcun disordine neurologico, ne' psichiatrico e che non avessero assunto farmaci o droghe. "Il campione e' stato addestrato a eseguire un compito secondario rispetto agli stimoli indagati, per esempio premere un tasto alla vista di una gara ciclistica", chiarisce Proverbio, "mentre sullo schermo apparivano 300 fotografie colorate per circa un secondo a intervalli di 1.500-1.900 millisecondi. Benche' le immagini fossero simili come luminanza, grandezza, valore affettivo, soggetti raffigurati, solo la meta' evocava un suono specifico quale il pianto di un bambino, un martello pneumatico, le campane, un canto lirico".
Scopo dell'esperimento era quello di misurare l'attivita' bioelettrica cerebrale prodotta dagli scambi sinaptici tra neuroni sottostanti, registrata da 128 sensori. Questa metodologia (Loreta, Low-resolution electromagnetic tomography) consente di misurare l'attivita' elettrica dei neuroni che varia a seconda della stimolazione visiva.
"I dati evidenziano come il cervello sia in grado di estrarre informazioni associate ai suoni, normalmente udibili in quelle condizioni, un decimo di secondo dopo la presentazione dell'immagine", chiarisce Alberto Zani dell'Ibfm-Cnr di Milano. Ecco spiegato "perche' la vista del labiale favorisce la comprensione dei suoni linguistici, cosa che non avviene per esempio al telefono".
Stesso discorso vale per un labiale incongruente con l'ascolto che altera la percezione uditiva. "Questo e' il primo studio nell'uomo che offre dati neurofisiologici diretti sull'esistenza dei neuroni specchio audiovisivi gia' identificati nella scimmia", conclude Proverbio.