La corrida al bando in Catalogna


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Migliaia a Barcellona per l’ultimo ‘olé’

Lo spettacolo più tradizionale e controverso di Spagna corrida_296

di Bianca Biancastri

Una sfida impari tra uomo e animale. Un rito antico che affonda le sue radici nella storia dell’uomo. Lo spettacolo più tradizionale e controverso di Spagna, la corrida, che divide il Paese e contrappone animalisti e appassionati di cultura popolare, ha vissuto l’ultimo “olé” nella Catalogna. La regione spagnola è la seconda, dopo le Canarie nel 1991, a mettere al bando la mattanza dei tori. Il divieto, che entrerà in vigore ufficialmente dal 1° gennaio del 2012 e che assume connotazioni politiche, è stato imposto l’anno scorso dal parlamento catalano, in particolare con i voti dei partiti indipendentisti e nazionalisti che vedono la corrida come una manifestazione troppo legata all’identità spagnola.

L’onore dell’ultimo giro nella Plaza de Toros di Barcellona spetta a José Tomas, “el matador folle”, il più famoso del momento, già ritiratosi nel 2002 e tornato a “matar” cinque anni dopo proprio nell’arena della capitale catalana. Per l’occasione, la Monumental, inaugurata nel 1914 e che ha visto sfilare alcuni dei più celebri matador, da Manolete a Dominguin, a Curro Romero,a Palombo Linares, a Francisco Rivera, registra il tutto esaurito dei ventimila posti disponibili. Per la celebre arena, a tre secoli dal primo combattimento dei tori nel 1387 e a quasi 70 anni dal debutto di Manolete, si intravvede un destino di monumento da visitare o di spazio da riciclare.

L’esempio della Catalogna ha incoraggiato le organizzazioni degli animalisti a chiedere l’abolizione dei combattimenti anche in altre aree del Paese e delle Encierros, le corse dei tori lungo le strade, come quella di Pamplona. Tuttavia, chi ama la corrida non si rassegna. La federazione nazionale dei toreri e le associazioni degli aficionados hanno presentato un ricorso contro la legge regionale davanti alla Corte Costituzionale spagnola e premono sul Partido Popular, in testa nei sondaggi per il voto nazionale del 20 novembre prossimo, perché si faccia portavoce della protesta. Il leader del Partido Popular catalano, Alicia Sanchez Camacho, intende concordare con i nazionalisti una moratoria per ragioni economiche. E sì, perché il bando costringerà la Catalogna a pagare indennizzi milionari ai proprietari della Monumental, ad allevatori e associazioni di toreri. Senza contare che il giro d’affari delle corride, un’industria con 200mila addetti, vale oltre 2,5 miliardi di euro all’anno, contribuendo per lo 0,25% al Pil nazionale.

Ma negli anni lo spettacolo che ispirò artisti e scrittori del calibro di Pablo Picasso e Ernest Hemingway ha perso il suo appeal. Secondo un sondaggio in Spagna nel 2010, solo il 37% degli spagnoli è interessato alla corrida, mentre il 60% la boccia. Inoltre, secondo il ministero degli Interni spagnolo, “las fiestas” sono diminuite del 35% tra il 2007 e il 2010. Anche senza la necessità di divieti, dunque, il destino della corrida è incerto e per molti il suo declino è un inevitabile sviluppo sociale.

La corrida, che per Ernest Hemingway non era uno sport, né una gara, ma piuttosto una tragedia del toro e dell’uomo insieme, in cui c’è pericolo per l’uomo e morte sicura per l’animale, viene disegnata dall’artista Miguel Barcelò, nella locandina dell’ultimo combattimento a Barcellona, come una spirale destinata a essere divorata da un pozzo oscuro: in primo piano la silhouette del toro in un’arena color ocra, circondata da potenti tratti neri.