Nuova luce alle testimonianze della guerra


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Capire gli orrori per realizzare la pace

Nel Parco della memoria storica tutto è rimasto come in quel dicembre del 1943 sanpietro_infine_296

di Maurizio Righetti

“Meditate che questo è stato: vi comando queste parole”. Così Primo Levi in “Se questo è un uomo” si riferisce alla pagina più nera, al dramma più sconvolgente della Seconda Guerra Mondiale: lo sterminio degli ebrei nei lager nazisti. Ma è difficile stabilire una graduatoria della sofferenza all'interno di un conflitto che ha visto morire milioni di civili e militari e che si è fermato solo dopo l'esplosione di due bombe atomiche. Non ci sono soltanto Auschwitz o Buchenwald a imporci di riflettere. In altri luoghi si è stati ridotti in analoghe, subumane condizioni. Su tutti i fronti. Anche poco a sud di Cassino, prima del bombardamento alleato che distrusse l'Abbazia.

La retorica della guerra santa
E si ripete qui, nella parte più a nord della provincia di Caserta, e qui trova un luogo eletto di memoria e di condanna, la retorica della guerra giusta. O santa, utile, lavacro di rigenerazione. Motivazioni preventive, giustificazioni successive. Unici dati certi restano le brutalità, gli orrori, i patimenti degli innocenti, le immani distruzioni. Non sempre la spunta chi ha ragione, chi scriverà poi le memorie e, talora, le proporrà come verità inoppugnabili. Vince semplicemente chi è più forte. La logica propria del mondo animale.

Anche qui, a San Pietro Infine, terra che ha avuto l'infausta sorte di trovarsi nel dicembre 1943 sulla linea del fronte - di là i residui dell'esercito e della follia hitleriani, di qua gli alleati - i tedeschi non hanno mai messo le mani addosso alle donne, gli americani hanno portato tavolette di cioccolato. “La guerra è bella anche se fa male”, ironizza Francesco De Gregori, con i soldati che, sì, muoiono o rimangono orrendamente mutilati, ma possono sperare di “fare l'amore con le infermiere”. Ma la musica, nella realtà, è ben diversa.

Centinaia in grotta, accalcati in pochi metri quadrati
Bisogna andarci a San Pietro Infine per ripetersi quell'invito di Primo Levi. Vedere quegli stretti cunicoli scavati nella roccia a mani nude che hanno ospitato per mesi centinaia di persone accalcate l'una sull'altra, un fico secco al giorno, escrementi dappertutto, pidocchi e zecche a grappoli, paura e disperato stupore che si riesce ancora quasi a toccare con mano. E poco più su ammirare, con uno sconvolgimento che ti fa piangere fin nell'anima, una meraviglia di borgo antico, con volte e scale che si intersecano, una piazza a valle, una chiesa in cima a compendiare i valori della tradizione contadina: le strutture civili e il luogo della preghiera comunitaria. Tutto sbriciolato senza pietà da giorni e tonnellate di bombe. E tutto lì, fermo come in quel freddo e piovoso dicembre quando i tedeschi ormai in rotta, per moltiplicare la follia di un'inutile e cieca obbedienza militare e per un testardo orgoglio di bandiera, si lasciarono “finire” pensando di coprire e proteggere la ritirata: un suicidio certo, valore strategico zero, con connesse altre morti e ulteriori sofferenze di civili inermi e già martoriati nel corpo e nella mente.

Tonnellate di bombe cancellano millenni di storia
Bisogna andarci a San Pietro Infine per capire in diretta che un po' di giorni di guerra pesante si portano via millenni di storia, un apparato socio-economico consolidato, generazioni di giovani, le certezze, le speranze, il futuro. E che, come si dice oggi, è meglio una pace discussa, stentata, ma un dialogo comunque aperto, che un qualsiasi scontro frontale. “Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace” disse Papa Pio XII nel 1939 e molti suoi successori lo hanno spesso ripetuto al verificarsi di altri eventi drammatici. Con risultati concreti, purtroppo, quasi sempre deludenti.



Da qui i primi segnali di ritrovata unità nazionale
E bisogna andarci a San Pietro Infine, in tempo di celebrazioni dell'Unità d'Italia, per vedere quel tratto della linea Gustav, che comprendeva anche la vicina Mignano Montelungo, dove per la prima volta i soldati italiani di un esercito che si ricostituiva combatterono a fianco degli alleati. Ci si arriva facilmente, oggi. Pochi chilometri dall'autostrada, uscita San Vittore, praticamente a metà strada tra Roma e Napoli e tra un mare e l'altro, alle pendici di un monte solennemente spoglio, con lo sguardo ampio sull'immensa vallata del Liri, motivo per il quale i tedeschi decisero di piazzare qui uno dei più importanti presidi dell'Appennino centro-meridionale. E in bella vista, verso nord, c'è l'Abbazia di Montecassino. Le cui sorti di guerra furono legate a doppio filo a quelle di San Pietro Infine e dei suoi fieri, laboriosi e sfortunati abitanti.

“Pompei del '900”, definizione perfino troppo stretta
L'hanno chiamata Pompei del '900. La definizione rende l'idea solo in parte. San Pietro Infine non è stata cancellata da un evento naturale, ma da una lotta fra uomini, da scelte che si fanno nel chiuso di una stanza, dove si spostano divisioni, si ordinano accerchiamenti, si dispone la costruzione di armi in luogo di infrastrutture civili, si scelgono e si cambiano le alleanze: dove, insomma, si fa un bel risiko, ma con una posta ed un prezzo che non sono quelli del gioco da tavolo.

Nasce il Parco della Memoria Storica
Se è vero che, in tutta la storia, l'esperienza è servita a qualche singolo uomo, ma mai all'umanità nel suo complesso, c'è da chiedersi a cosa serva, ora, ridare un'ampia visibilità alle memorie di San Pietro Infine che hanno ispirato John Huston e Mario Monicelli. “Riflettere sulla follia della guerra, da essa far maturare una vera e fattiva voglia di pace, è certamente sintomo di crescita umana e culturale. E favorire la conoscenza è, spesso, proprio uno degli snodi per limare le incomprensioni, trasformare le diversità da elementi di conflitto a condivisibili ricchezze”, spiega Fabio Vecchiarino, che era sindaco di San Pietro Infine quando lanciò questa idea, dieci anni fa, e che è ora presidente della Fondazione del Parco della Memoria Storica. L'organismo ha come scopo prioritario quello di gestire e di potenziare il Parco come luogo di riflessione, di meditazione, di formazione, di dialogo, di progettazione e di sviluppo delle tematiche rivolte alla salvaguardia e alla valorizzazione dei luoghi della memoria storica. Ma la fondazione si propone anche di raccogliere e mettere a disposizione degli studiosi e delle scuole la documentazione riguardante il periodo interessato dagli avvenimenti e raccordare testi, foto, filmati e testimonianze di tutto il circondario, relativamente al periodo dello sbarco degli eserciti alleati fino alla fine della II Guerra Mondiale.

La fotografia indelebile di un lungo, aspro ed impietoso confronto militare
Ma perché San Pietro Infine non venne ricostruita? Perché il tempo non si è portato via quello che ne rimase? E che effettivo significato culturale ed economico ha questo remake cui hanno posto mano fior di professionisti a cominciare da Carlo Rambaldi (il mago degli effetti speciali, quello di E.T. e King Kong, tra gli altri), che ha realizzato le installazioni per il museo? “Rimettere in piedi un abitato interamente costruito in pietra – spiega l'architetto Paolo Vacca, coordinatore del recupero dell'area – sarebbe stato molto dispendioso e fare affidamento su interventi pubblici in un periodo post-bellico così travagliato era assolutamente da escludere. Si pensò allora di riedificare il paese ex-novo poco più a valle”. La posizione protetta delle vecchie costruzioni alla pendici del monte Sammucro, la non agevole raggiungibilità delle varie zone del nucleo originario, specie quelle più in alto, per via della impraticabilità dei vecchi vicoli a scala ormai fatiscenti, e anche l'infittirsi della vegetazione fino alla sua quasi impenetrabilità hanno lasciato tutto com'era, fotografia indelebile di un lungo, aspro ed impietoso confronto militare.

Perché la scelta di ridare un futuro visibile a tutti alle memorie del passato?
Ricostruito e ormai “fatto proprio” dai superstiti e dai loro discenderti il nuovo abitato di San Pietro Infine, si poneva il problema della destinazione del vecchio nucleo distrutto dai bombardamenti delle Forze Alleate nel dicembre del '43. Dal 2002 si è fatta strada con vigore l'idea di conservare e recuperare le memorie (i residui e le macerie delle costruzioni e le grotte costruite per salvarsi dalla furia dei combattimenti terrestri e dai bombardamenti aerei) e realizzare una moderna e multimediale struttura che interagisse con esse ed aiutasse a rivivere e meglio comprendere i fatti di allora ed i connessi significati. Anche i più profondi, quelli che i panegirici classici delle fredde ricostruzioni militari volutamente trascurano.

Le principali opere eseguite e di cui i visitatori possono fruire sono il recupero della viabilità nel nucleo storico, la sistemazione del sentiero per raggiungere le grotte, la pulizia – che continua grazie al lavoro dei volontari sampietresi – delle rovine dalla vegetazione, la realizzazione del Museo ad opera di Carlo Rambaldi con la scoperta al suo interno della vecchia chiesa di San Nicola, di cui si erano perse le tracce. Oggi l’antico abitato, con i suoi ruderi, la chiesa di San Michele Arcangelo, la cinta muraria e le torri medioevali, la chiesetta dedicata a San Sebastiano, le stradine lastricate in pietra, costituisce un vero e proprio spettacolare ed imperdibile museo all’aperto ed ha assunto anche un ruolo nuovo, quello di favorire la crescita di una popolazione assottigliata nella consistenza demografica, e devastata da un ricordo indelebile, per proiettarla verso uno sviluppo socio-economico possibile, con la piena conservazione della sua identità.

“Superare le trentamila presenze all'anno”
“Perché questo nostro immenso lavoro per offrire a tutti le testimonianze dell'orrore continui nel migliore dei modi, ci proponiamo un obiettivo: superare le 30 mila presenze all'anno”, dice la direttrice del museo, Maria Antonietta Di Florio. Cifra ragguardevole, ma ampiamente alla portata, se si considera, ad esempio, che per le scuole questo è, senza il minimo dubbio, un sito di assoluta eccellenza. Intanto si va avanti con le infrastrutture di supporto, che possano rendere più confortevole la visita ai turisti, a studiosi e studenti, agli amanti della storia. Presto sarà pronta, a ridosso del Parco, una foresteria che andrà ad aggiungersi ad un albergo a 4 stelle già in funzione.

Il Museo della Memoria Storica. John Huston e il più grande documentario di guerra di ogni tempo
Il museo, con gli allestimenti scenografici curati da Carlo Rambaldi (autore di ET e King Kong) aiuta a conoscere la storia attraverso filmati, suoni e sensazioni. Una struttura dinamica con un percorso attrezzato che fa rivivere San Pietro Infine dall'anno mille fino a quel drammatico dicembre. E dopo. Gran parte delle immagini che vengono proiettate all’interno sono state riprese dal film di John Huston “The Battle of San Pietro”(1944), riconosciuto dalla critica cinematografica come il più grande documentario di guerra mai girato in cui vengono raccolte immagini di sampietresi che escono dalle grotte dopo la liberazione.

Al seguito del 36th Infantry Division-Texas, il giovane Huston avrebbe dovuto raccontare - e possibilmente 'deificare' - grazie alle riprese di alcuni combat-cameramen, l'avanzata degli Americani verso Roma. Lo sviluppo militare viene, in realtà, ampiamente trattato, ma l'allora giovane regista preferì soffermarsi sugli “effetti collaterali”. Immagini che non piacquero troppo alle gerarchie, ma che sono passate alla storia soprattutto per l'aspetto umano e di denuncia che contengono. Huston mostrò, ed è una lezione magnifica ancora e sempre attuale, la guerra per quello che è e non per i significati che le si vorrebbero, di volta in volta, apologeticamente appiccicare.

“La Battaglia di San Pietro” ispirò il regista Steven Spielberg per “Salvate il soldato Ryan”. Gli U2 vi scelsero immagini per il videoclip “In God’s Country”. E un altro grandissimo del cinema, Mario Monicelli, nel 1959 si recò a San Pietro Infine per girare alcune scene della “Grande Guerra” con Alberto Sordi e Vittorio Gassman.

Lo scrittore Rick Atkinson, autore di “The Day of Battle”, e vincitore nel 2003 del premio Pulitzer, ha detto di San Pietro Infine: “Questo puntino sulla mappa dimenticato da Dio fu un tempo il luogo più famoso in Europa”. Magari in una posizione non così alta, forse ora questo luogo si rimetterà in classifica.

Le grotte della sopravvivenza, un'emozione indescrivibile
Sono la testimonianza più tragica della sopravvivenza di una popolazione che si rifiutò di abbandonare il proprio paese. Immerse nel verde della pineta, sono state scavate nell'autunno del 1943 da numerosi civili con qualunque attrezzo riuscissero a reperire. Picconi, pale, palanchini, le mani nude soprattutto. L'iniziativa fu intrapresa per proteggersi dai bombardamenti e nascondere le proprie mogli e i bambini. La vita in queste grotte, ovviamente, non era facile. Alla mancanza di acqua e cibo si associavano il freddo e l’assenza di igiene. La notte ci si ammassava all'interno per il freddo e il ristrettissimo spazio obbligava le persone a dormire accovacciate. Ma, nonostante tutto, queste cavità abitate per mesi permisero a più di 500 persone di salvarsi durante la guerra. Che di morti sul campo, nei soli dieci giorni della battaglia finale, ne lasciò migliaia tra militari alleati e tedeschi. Gli abitanti di San Pietro uccisi furono 150.

Una data da non dimenticare. I grandi riconoscimenti
A San Pietro Infine, ogni anno, tra il 16 ed il 17 dicembre, si celebra la Giornata della Memoria a ricordo della liberazione. Ci sono istituzioni civili e militari, rappresentanze della Nato e del 36th Infantry Division-Texas, proveniente direttamente dagli Usa. Nel dicembre 2003 il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi conferì a San Pietro Infine la Medaglia d’Oro al Merito Civile; nell’aprile 2008 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha riconosciuto l’antico abitato “Monumento Nazionale”.

I percorsi
San Pietro Infine, pur nella sua unicità, punta a valorizzarsi anche come parte di un sistema che, sul modello di quanto avviene in Francia, omogeneizzi l'offerta di memorie della Seconda Guerra Mondiale. Nella zona, nel giro di pochi chilometri, i luoghi da vedere, e di sicuro impatto, non mancano: l'Abbazia di Montecassino; l'Historiale di Cassino; i Cimiteri militari inglese, polacco, tedesco, francese (tutti a Cassino); il Sacrario di Mignano Montelungo, dove sono sepolti 974 caduti della Guerra di Liberazione 1943/45.

La rassegna cinematografica
Il luogo che, per le sue vicende belliche, ha ispirato John Huston e Mario Monicelli è quello più indicato per una rassegna sul cinema di guerra. Questo ha pensato un paio di anni fa Angelo Maria Villani, ideatore e direttore artistico del festival internazionale “Storie nella Storia – cinema, documentario e reportage di guerra per capire la pace”. “Il titolo è inequivocabile - tiene a chiarire Villani – e lo scopo resta lo stesso del Parco della memoria storica: riflettere sugli orrori dei conflitti per costruire una cultura di fratellanza”. La manifestazione, di cui si è svolta a fine agosto la seconda edizione nella suggestiva piazza al limite inferiore del borgo antico, punta a qualificarsi sempre di più ed ha già riscontrato consensi di critica e pubblico, soprattutto giovanile. “Ottimo segno”, sottolinea Villani che preannuncia, senza svelarle, “succulente sorprese” per l'edizione del 2012.

I riferimenti
Contattare il Museo è possibile con varie modalità. L'indirizzo è: Piazza San Nicola, 81049 San Pietro Infine (CE). Tel 0823 1764353 - Fax 0823 1764454.
Il coordinatore del personale (Massimiliano Giangrande) risponde al 349-3892326, il direttore (M. A. Di Florio) al 333-1381559
Email: museostoricospi@libero.it
Web : www.parcodellamemoriastorica.com  

Il parco ed il museo sono aperti tutti i giorni.

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