Firmato a Washington il 26 marzo 1979, sulla base degli accordi di Camp David dell'anno precedente, il Trattato di pace israelo-egiziano è stato una pietra miliare delle speranze di riconciliazione in Medio Oriente. Mise infatti fine a un ciclo trentennale di conflitti fra Egitto e Israele, dando vita al primo storico riconoscimento dello Stato sionista da parte d'un Paese arabo.
Un esempio che sarebbe stato seguito dalla sola Giordania, ma nel 1994, a margine dei negoziati di pace israelo-palestinesi suggellati dalle intese di Oslo.
Il Trattato di Washington fu firmato 16 mesi dopo la visita a sorpresa del presidente egiziano Anwar al-Sadat in Israele del 1977 e al termine d'intensi negoziati. Ne fu protagonista - con Sadat e sotto l'ombrello della mediazione del presidente pro tempore degli Usa, Jimmy Carter - l'allora premier israeliano, Menachem Bergin: leader storico della destra nazionalista e oppositore strenuo, fino a pochissimo tempo prima, di qualsiasi ipotesi di restituzione del Sinai occupato all'Egitto.
La firma arrivò a dispetto della forte pressione imposta sul regime del Cairo da quelli degli altri Paesi arabi, risolutamente contrari a un tale passo. E costo' di li' a poco la vita a Sadat per mano delle forze del radicalismo interno.
In seguito, malgrado alti e bassi e persino qualche episodico richiamo di ambasciatori, il trattato avrebbe retto tuttavia solidamente per oltre 30 anni, nella stagione del successore di Sadat, Hosni Mubarak. Una tenuta su cui molti analisti - largamente scettici in principio - non avrebbero scommesso. E che, seppure realizzata nelle forme di quella che e' stata definita a piu' riprese 'una pace fredda', e' parsa diventare nei decenni l'architrave di comuni ''interessi strategici di sicurezza''. Ma anche una tenuta che il tracollo del potere di Mubarak - investito dalle proteste di massa dei mesi scorsi - rischia ora, agli occhi degli israeliani, di mettere in crisi.
Gli elementi principali del Trattato sono il riconoscimento reciproco dei due Paesi, la fine dello stato di guerra che esisteva fin dal 1948 e il ritiro militare israeliano (accompagnato dalla restituzione di impianti civili come quelli di Yamit e Taba) dalle penisola del Sinai, occupata dallo Stato ebraico dal 1967.
Il Trattato assicura altresì la libera circolazione del naviglio israeliano attraverso il Canale di Suez e il riconoscimento degli Stretti di Tiran e del Golfo di Aqaba - la cui transitabilità era stata invocata come casus belli della guerra dei Sei Giorni del '67 - quali vie marittime internazionali. Esso prevede infine una smilitarizzazione parziale del Sinai da parte dell'Egitto, tenuto a chiedere il consenso d'Israele per qualsiasi invio di armamento pesante o di contingenti straordinari di soldati.