11 settembre, dieci anni dopo


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Usa, musulmani: nostra vita più difficile

Ma sono ottimisti su futuro del Paese musulmani_usa_296

Dall'11 settembre è più difficile essere musulmani negli Stati Uniti, con il rischio costante di essere controllati più degli altri agli aeroporti, di essere guardati con sospetto dai vicini o addirittura insultati. E' questa l'opinione espressa dalla maggioranza dei musulmani americani intervistati dal Pew Research Center for the people and press per un sondaggio realizzato in occasione del decennale degli attacchi di New York e Washington.

Il sondaggio, però, allo stesso tempo mostra come la metà degli intervistati riconosca che in questi anni da parte degli americani sia stata espressa amicizia e simpatia. Ed una netta maggioranza, i tre quarti degli intervistati, sostiene con convinzione il principio fondamentale del sogno americano, cioè che con il duro lavoro e l'impegno c'è sempre la possibilità di migliorare la propria vita.

Secondo il Pew center, i musulmani d'America sono 2 milioni 750mila, 400mila in più rispetto a quattro anni fa. E sono sensibilmente più ottimisti del resto degli americani riguardo alla direzione che sta prendendo il paese, il 56% contro il 23% dell'intero pubblico americano. Un ottimismo dovuto principalmente dalla presenza alla Casa Bianca di Barack Obama, primo presidente afroamericano - con il padre immigrato dal Kenya e di famiglia musulmana - della storia degli Stati Uniti.

Non siamo di fronte ad una sottoclasse, ma più l'idea di 'vogliamo essere americani', perche' qui vedono che esiste per loro un'opportunità", sintetizza Andrew Kohut, del Pew center, presentando il complesso quadro che emerge dallo studio che costituisce l'analisi più ampia fatta della comunità islamico-americana dopo gli attentati di 10 anni fa.

Una comunità difficile da analizzare, composta per due terzi da immigrati di decine di paesi e culture diverse: una diversita' che e' anche complicato fare emergere dal momento che ne' il recente censimento ne' l'ufficio immigrazioni chiede - per motivi di rispetto della libertà religiosa - di comunicare la propria affiliazione religiosa.

Per tre mesi - proprio mentre alla Camera il repubblicano Peter King conduceva le famose e controverse audizioni sul rischio di radicalizzazione della comunità islamica americana - sono state intervistate oltre mille persone, in inglese, in arabo, farsi e urdu.

Ed ora, a pochi giorni dall'anniversario dell'11 settembre, vengono presentati i risultati dello studio che mostra, anche, come il 60% dei musulmani nati negli Stati Uniti in effetti accusano i leader della comunità di non condannare in modo abbastanza fermo l'estremismo. Un'opinione condivisa anche dal 43% degli immigrati.

I leader delle associazioni islamiche si difendono, affermando che da parte loro le condanne vengono espresse ma non riescono a raggiungere il grande pubblico e neanche i musulmani. "La nostra capacità di fare ascoltare il nostro appello alla moderazione non è come vorremmo che fosse" ammette Safaa Zarzour, segretario generale dell'Islamic Society of North America, la più grande associazione musulmana.

Per Zarzour, comunque, i sentimenti anti-islamici non sono diffusi in tutti gli Stati Uniti, ma concentrati in specifici gruppi: "per alcuni anni dopo l'11 settembre, tutti sono stati molto spavenatati - spiega - ma da allora i leader politici e religiosi si sono comportati in modo più responsabile, e la realtà sul terreno, anche se le parole potevano rimanere di fuoco, si è andata lentamente raffreddando e tranquillizzando".