Spari a Palazzo Chigi


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Preiti, disperato non pazzo

Stabili le condizioni del brigadiere ferito p

Sgomento e preoccupazione dopo i sei spari davanti a Palazzo Chigi: con la zona rossa più ampia di dieci metri su Piazza Montecitorio, l’Italia ha visto l’insediamento del nuovo governo, quello che domenica ha giurato in Quirinale mentre Preiti sparava.

Sgomento, per quanto è potuto accadere in un’assolata giornata nel centro di Roma; preoccupazione per il brigadiere Giuseppe Giangrande, uno dei due militari rimasti a terra. Colpito al collo, è in condizioni stabili, ma rischia la tetraplegia. Ha cinquant’anni e una figlia di ventitré, che ha perso due mesi fa la madre e si ritrova oggi con il padre in pericolo di vita e la prospettiva di una vita durissima davanti.

Sta decisamente meglio il secondo carabiniere colpito da uno degli spari di Preiti: Francesco Negri, carabiniere scelto di trent’anni, si è trovato una tibia a pezzi e già rimessa a posto dai chirurghi. Dice di volere tornare presto in servizio e ricostruisce quanto accaduto: "Non ci siamo accorti della presenza dell'attentatore fino a quando non siamo stati raggiunti dai colpi. Abbiamo fatto in modo di non utilizzare le armi perché sarebbe stato molto pericoloso per i passanti e i turisti presenti".

E poi c’è lui: quarantanove anni, disoccupato, separato, una dipendenza dai videopoker, Luigi Preiti ha messo in atto il suo “gesto eclatante”, quello che aveva deciso e pianificato venti giorni fa. Il suo obiettivo erano i politici, ma quando ha capito che non sarebbe mai riuscito a raggiungerli, ha sparato sui carabinieri, anche loro simbolo dello Stato oltre che ostacoli fisici al suo primo bersaglio.

Altri tre colpi sono andati a vuoto, uno ha forato la giacca di un terzo carabiniere, che non se ne è nemmeno accorto e si è lanciato su Preiti, bloccandolo a terra con l’aiuto degli altri militari. L’attentatore è ora a Rebibbia: ha già confessato tutto ed è accusato di tentato omicidio e detenzione illegale di arma, per la 7.65 comprata quattro anni fa al mercato nero di Alessandria. Accertamenti sono in corso per capire se la pistola avesse sparato in precedenza, mentre nella borsa che Preiti aveva con sé sono state trovate punte di trapano. Nessuna spiegazione dall'uomo sul perché fossero lì.

Mentre si dà per scontata la convalida del fermo – martedì l’interrogatorio di garanzia - l’identikit di Preiti si fa sempre più definito eppure sfuggente: chi lo conosce lo definisce una brava persona, un uomo lucido e intelligente, un gran lavoratore. E un buon padre, a detta dell’ex moglie con la quale era rimasto in rapporti civili, un uomo “mai violento con nessuno”.    

Un uomo con problemi grossi, certo: la disoccupazione, la separazione e il figlio lontano, la ludopatia, ma non uno squilibrato, meno che mai uno capace di prendere una pistola e sparare così, a Roma, venendo apposta da Rosarno, dopo aver chiesto i soldi del biglietto ferroviario alla madre. Nemmeno la Procura pensa al gesto di un folle: sarebbe esclusa la richiesta di perizia psichiatrica.

Cosa gli sia scattato, forse non lo sa nemmeno lui, che al Pm ha detto di avere pensato al suicidio dopo che avesse compiuto il suo scopo e ai militari che lo bloccavano a terra ha chiesto: “Ammazzatemi”. Nelle due ore di interrogatorio ha cercato di dare un senso a quello che ha fatto: “Avete visto quanta gente si uccide? E loro, i politici, mangiano, bevono e non si preoccupano di noi. Ce l’ho con loro, non odio nessuno, ma sono disperato. Nella desolazione della mia vita volevo lasciare un segno”.  In cella, isolato e sorvegliato da una telecamera, Preiti si preoccupa per il figlio: "Non sapevo più come mantenerlo, ero disperato. Cosa ho fatto? Non lo so, non so spiegare", continua a ripetere.

Colpa della crisi, secondo Preiti, ma anche i servizi segreti già nella loro relazione di febbraio avevano segnalato, con il permanere della congiuntura economica, la possibilità di una maggiore tensione sociale e rischi di “attentati spettacolari” a “esponenti di governo, rappresentanti di partiti politici e sindacali”.

L’allarme era stato dato e la sicurezza ha funzionato: “solo” due feriti, ma il bilancio in mezzo alla folla sarebbe potuto essere molto peggiore. Misure rafforzate per i nuovi ministri e le altre alte cariche, come nelle sedi istituzionali. Restano lo sgomento e la preoccupazione.