L'economia 'blu' vale 120 miliardi


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La crisi in mare non c'è

Crescono le imprese (ora a quota 201mila) e l'occupazione m

Per ogni euro di valore aggiunto prodotto direttamente, il comparto "mare" ne attiva quasi altri due nel resto dell'economia. Nonostante la crisi, nel periodo 2009-2011 l'economia "blu" - che vale 120 miliardi di euro e vede operative 210mila aziende - ha dato segni importanti di tenuta, sia sotto il profilo occupazionale sia sotto quello imprenditoriale. Emerge dal secondo rapporto Unioncamere sul settore, che fotografa il contributo del comparto "blu" alla produzione nazionale di ricchezza e occupazione.

Sul fronte del lavoro, il comparto si e’ addirittura mosso in controtendenza rispetto al complesso dell'economia: a fronte della perdita totale nel periodo di 97.000 posti di lavoro (-0,4%), l'economia del mare ha fatto segnare un incremento stimato di 11.000 unita' (+1,4%), con un notevole impulso derivante dalle attivita' di ricerca ed in misura minore dalla componente turistica. Riguardo alle imprese invece, nel triennio 2010-2012 il tessuto imprenditoriale (costituito da circa 210mila imprese) e' aumentato di quasi 7.000 unita', a un ritmo quindi del 3,4%, decisamente superiore allo 0,1% osservato per il totale dell'economia.

"L'economia del mare - ha detto il presidente Unioncamere, Ferruccio Dardanello - e' come un 'cuore blu' che pulsa al fondo del sistema produttivo del paese. Una risorsa strategica straordinaria che in questi anni di crisi ha continuato a battere anche a ritmi piu' veloci rispetto al resto dell'economia. Abbiamo il dovere di assecondare e alimentare questo battito per sostenere i territori e aiutare l'Italia a ritrovare il percorso della crescita. Il sistema camerale, con gli stati generali dedicati all'economia del mare, ha raccolto una sfida importante sui cui si impegna ad affiancare il mondo delle imprese e delle associazioni e a lavorare con le altre istituzioni per rafforzare un pezzo del tessuto economico nazionale che e' fondamentale per l'innovazione e la sostenibilita' del nostro modello di sviluppo".

Il contributo al valore aggiunto prodotto dalle filiere riconducibili all'economia del mare, ammontava nel 2011 a 41,2 miliardi di euro con una incidenza sul totale della capacita' di produrre ricchezza del 2,9%: quasi il doppio di quanto prodotto dal comparto del tessile, abbigliamento e pelli (21 miliardi) o delle telecomunicazioni (22 miliardi), e quasi il triplo di quello del legno, carta ed editoria (poco meno di 15 miliardi). La quota piu' significativa (il 45% del totale, corrispondente a poco meno di 19 miliardi), si deve ai settori piu' tradizionali: prima di tutti quelli della cantieristica e dei trasporti di merci e persone (con un'incidenza tra il 15 e il 16% ciascuno, attorno ai 6,5 miliardi), seguiti da quelli della filiera ittica e dell'industria estrattiva marina (intorno al 6-7% ciascuno, pari a 2,5-3 miliardi).

Poco meno di un terzo (oltre 15 miliardi di euro), si riferisce alle attivita' legate al turismo - sommando le attivita' di alloggio e ristorazione a quelle sportive e ricreative.