Censis, ‘Un mese di sociale’


Stampa

Se l’informazione è nomade

Il primato dell’opinione nella comunicazione orizzontale s

di Rita Piccolini
(rita.piccoli@rai.it)

Nomadismo e disincanto. Con questi due sostantivi possiamo descrivere le caratteristiche del nostro nuovo modo di informarci. Sempre con lo smartphone o il tablet accesso siamo connessi con il mondo, navighiamo in internet, utilizziamo i social network, i motori di ricerca, i siti, la carta stampata, televideo, la radio, la tv generalista. Le fonti sono molteplici: le mettiamo a confronto. Le tecnologie ci danno questa nuova opportunità e una mole sempre più consistente di notizie. Questo è il dato positivo. Ma anche in questo caso non sempre la quantità fa la qualità. Lasciarci costantemente bombardare dai più diversi mezzi di informazione non necessariamente ci rende più consapevoli e poi c’è un’altra insidia in agguato: crearci i nostri personali palinsesti può di fatto isolarci e renderci prigionieri di una logica per cui seguiamo e approfondiamo sempre di più i nostri interessi senza aprirci a nuovi orizzonti. Da un lato possiamo affermare:”I contenuti sono miei, la tv la programmo io, l’informazione la facciamo da soli”, dall’altro un simile atteggiamento può portare all’autoreferenzialità , di fatto a una maggiore solitudine e per paradosso alla disinformazione.

Di questo al Censis si è dibattuto tra sociologi e giornalisti. Sono intervenuti il direttore di Rai 4, Carlo Freccero, l’editorialista della Stampa, Marcello Sorgi, l’editorialista del Foglio, Mario Sechi, il vide direttore dell’Espresso Orazio Carabini.Confronto appassionato con il presidente De Rita e il direttore Roma, perché come sempre dai dati possono emergere letture diverse. Ma con una premessa così sintetizzata nel rapporto:”La tendenziale promiscuità tra il mezzo e il suo utente, il fatto che soggetto e oggetto della comunicazione tendono a coincidere, l’individualismo radicale promosso dai social media, portano al ribaltamento dello slogan di Marshall McLuhan “il medium è il messaggio”, che oggi diventa “l’utente è il contenuto”: i media sono io”.

Ecco alcuni numeri del rapporto illustrato da Massimiliano Valerii del Censis che hanno fornito la base oggettiva della discussione. Nel mondo dell’informazione la centralità dei telegiornali è ancora fuori discussione, visto che l’80,9% degli italiani la utilizza come fonte principale . Tra i giovani però il dato scende al 69,2% ed è molto vicino al 65,7% riferito a Google e al 61,5% di Facebook. Al secondo posto i giornali radio (56,4%), i quotidiani (47,7%) e i periodici (46,5%). Seguono il televideo (45%), con un sorprendente 41,6 % riferito ai giovani tra i 14 e 29 anni, i motori di ricerca su internet (41,4%), la free press (35,3%), i portali web di informazione (29,5%), Facebook (26,8%), i quotidiani online (21,8%).

Il notevole sviluppo di internet è fuori discussione e sempre più in espansione. Crescono a dismisura il numero degli utenti e le sue applicazioni che permeano ormai ogni aspetto della vita quotidiana. Ma è la tv generalista a fare ancora la parte da leone. Lo sottolinea Freccero quando afferma che “fare tv è sintonizzarsi sul comune sentire” e, per spiegarsi meglio aggiunge che ”la realtà italiana è fortemente influenzata dalle logiche televisive, altro che internet!”. Poi spiega come la prevalenza dell’utente sui contenuti sia nata negli anni ’80, con le tv commerciali, con trasmissioni come “A bocca aperta” di Funari, che portò sullo schermo il “narcisismo dell’uomo qualunque”. Anche il vicedirettore dell’Espresso Carabini invita a non dimenticare che internet è uno strumento, non un fine, e che comunque “la notizia del giorno” non arriva dalla rete, ma dalle fonti di informazione tradizionali e verificate.

“Ma perché la nostra è una società vecchia, e non solo demograficamente” riflette Mario Sechi, ricordandoci che il dato altissimo sull’uso della tv generalista è destinato a crollare nel futuro, quando i bambini e adolescenti di oggi, i cosiddetti nativi digitali, saranno adulti. Lo sviluppo delle tecnologie inevitabilmente ci porterà a confrontarci con il tipo di informazione descritta dal rapporto Censis: sempre più soggettiva, frammentaria, complessa, sintesi di fonti e interessi diversificati. I ragazzi già oggi vanno su Youtube, guardano poco la televisione, giocano con i videogiochi, e il rischio del solipsismo di internet esiste, è già una realtà.

Anche Marcello Sorgi ammonisce: “Non demonizziamo la rete, ma impariamo a temerla”, sottolineando tuttavia che probabilmente non c’è nesso tra l’astensionismo clamoroso registrato alle ultime elezioni amministrative e la consuetudine sempre più diffusa di informarsi politicamente su internet. “L’astensione nasce dalla cattiva politica”, non dal mezzo che viene usato per informarsi. Anche perché i dati confermano che nel mercato del consenso elettorale è ancora la televisione la principale fonte di informazione sull’offerta politica, attraverso i telegiornali e i programmi di approfondimento.

Ma è il ruolo dei new media su come saremo politicamente informati nel prossimo futuro il perno delle riflessioni. Nel corso del confronto Freccero si domanda se l’informazione sul web “sia liberatoria o rappresenti invece un’ultima forma di sottomissione”. Chi può dirlo? Si auto risponde il direttore Rai ricordando la speranza suscitata dall’uso di internet durante “le primavere arabe” e il pessimismo provocato invece in questi giorni dallo scandalo americano del “datagate”.

Tuttavia una piccola nota di ottimismo c’è e la troviamo nelle pagine del rapporto. I più giovani, oltre il 60% dei ventenni, si è fatto un’opinione politica parlando con amici e familiari. E questo, conclude De Rita, in un’epoca sempre più virtuale, più frammentaria, più soggettiva, in fondo fa ben sperare.