di Giovanni Casa
Le cicatrici della storia possono, almeno in parte,
essere sanate dalla rinascita di una squadra di
calcio? È questo il progetto di chi punta alla
resurrezione della Fiumana, cancellata dalle
vicende del dopoguerra. L’esodo degli italiani che
dovettero lasciare Fiume, l’Istria e la Dalmazia
ebbe, tra i molti effetti, anche quello di veder
svanire la propria squadra. Quelle regioni, infatti,
divennero parte di un altro Paese, la Jugoslavia
(oggi Croazia, dopo il collasso della Federazione).
Fondata nel 1926 dalla fusione delle preesistenti
Fiume, Gloria e Olympia, poi approdata al
campionato di Divisione nazionale, la Fiumana fu
l’orgoglio di una città e la fucina di molti campioni.
Un gruppo di esuli ora chiede l’iscrizione al
campionato di Prima divisione (l’ex C1) per la
stagione 2009/10, con sede a Torino, dove vive
una parte importante degli espatriati, per
riprendere una storia dal punto in cui si era
forzatamente interrotta.
Televideo ha intervistato sul tema Domenico
Carratelli, giornalista e scrittore, autore di
numerosi saggi sulla storia del calcio.
Come giudica questa decisione?
“È un’iniziativa magnifica. A parte il fatto che ci lega a una terra che ha subìto torti e ferite gravissimi, la Fiumana è un ricordo molto bello, almeno per chi ha una certa età. Ed è giusto che questa squadra rinasca proprio a Torino, perché i suoi calciatori più famosi finirono per giocare nelle squadre di questa città, i fratelli Varglien nella Juventus e Loik nel ‘Grande Torino’”.
Crede che l’iniziativa possa avere successo?
“Non penso che ci siano grandi difficoltà, anche perché non c’è premura. Non si chiede di far rinascere questa squadra dall’oggi al domani. Inoltre, Sergio Vatta, che mi sembra sia il capofila della resurrezione della Fiumana, è un personaggio molto conosciuto, un uomo di calcio, generoso. Il suo nome è già una garanzia per gli organi competenti che devono procedere a questa iscrizione. Sarebbe bello rivedere la Fiumana con le maglie amaranto e con il club che avrà la sua sede a Torino”.
Può ricordare qualche particolare dei suoi giocatori più famosi?
“In primo luogo, Ezio Loik, perché da bambino ero tifosissimo del ‘Grande Torino’. Forse uno dei pochi pianti delle mia vita è stato quando arrivò la notizia della sciagura di Superga. La radiocronaca di Niccolò Carosio fu una cosa molto emozionante. Loik è stato un po’ il ‘torello’ di quella squadra, che aveva delle coppie capaci di unire la grinta di uno alla classe dell’altro. Ecco quindi Loik e Mazzola, Grezar e Castigliano, Ballarin e Maroso. Inoltre, non posso dimenticare quel gol che Loik segnò all’ultimo minuto contro l’Ungheria. Era un’amichevole a Torino, nel maggio del ’47. L’Italia vinse 3-2 contro lo squadra di Puskas. Quel Toro metteva in Nazionale quasi tutti i suoi uomini.
Ricordo inoltre con affetto, anche se l’ho conosciuto solo attraverso le cronache e i racconti dei vecchi giornalisti napoletani, Marcello Mihalich. Giocò nel Napoli, fece una trentina di gol ed era uno dei tre attaccanti della squadra guidata da Garbutt negli anni Trenta, con Sallustro e Vojak. Aggiungo anche i Varglien, juventini, e Volk, capocannoniere della Roma di Testaccio. Sono giocatori che hanno fatto la storia del calcio in Italia”.
Pensa che ci saranno ostacoli finanziari per far decollare questo progetto?
“Se l’iniziativa è partita, vuol dire che qualche base solida c’è. Non è che si deve mettere su lo squadrone. Si deve riportare sui campi di calcio, e quindi alla memoria degli italiani e all’affetto dei tifosi, questo nome che è Fiumana. Se in Italia il cuore non si è inaridito del tutto, credo che sia un’avventura possibile”.
(Nella foto in alto: cartolina della Fiumana degli anni '30. In basso: Loik con Mazzola, dal Grande Torino alla Nazionale)